
Tutti desideriamo, ma cosa o chi? Qualcun’altro, qualcosa d’altro o qualcosa di qualcun altro? Come si vede, un riferimento all’altro è sempre presente. Lacan, il mio desiderio ha come oggetto il desiderio dell’altro. Per essere felici non si può che desiderare e assumersi la responsabilità del proprio desiderio.
Tra tutte le specie animali, quella umana è piuttosto particolare perché presenta due caratteristiche che sembrano sembrano essere assenti anche negli animali che ci sono evolutivamente più simili. La prima caratteristica è il linguaggio, che nella specie umana raggiunge un elevato livello di complessità e di sofisticazione. Questo si riscontra nella possibilità di usarlo a livello simbolico e non solamente per denominare o rappresentare qualcosa che è esistente nella realtà.
L’altra caratteristica è che gli animali delle altre specie hanno bisogni mentre gli esseri umani hanno anche desideri. Ciò non significa che gli umani non abbiano bisogni, anzi i bisogni sono tra gli elementi importanti della formazione del desiderio. Detto così sembra complicato quindi faccio chiarezza e, per farla, bisogna pensare in termini evolutivi a partire dalla nascita di un essere umano. Alla nascita un bambino ha numerosi bisogni ad esempio essere accudito, nutrito, difeso. La nostra specie è tra le ultime a rendersi indipendente dai genitori poiché non in grado biologicamente di sopravvivere in modo autonomo per molto tempo dalla nascita.
L’altro, è lo specchio delle nostre brame
Quindi, per poter soddisfare i propri bisogni, il neonato deve necessariamente affidasi ad un altro, ovvero a chi se ne prende cura. Deve quindi essere o diventare competente nel garantirsi che l’altro riesca a rispondere esattamente a ciò di cui ha bisogno e proprio nel momento in cui ha bisogno. E’ come se, fin dalla nascita il bambino agisca, in modo ovviamente inconsapevole, spinto da una domanda: ” Cosa devo fare perché chi si dovrebbe prendere cura di me sia costantemente concentrato su di me e soddisfi i miei bisogni?” Immaginiamo quindi che agisca una programmazione genetica che porta il bambino a sintonizzarsi con la persona che di lui si prende cura. Si sintonizza quindi alla ricerca di ciò che chi si prende cura desidera dal bambino, ad esempio il sorriso, i versetti ecc. Il bambino ricerca quindi gli oggetti di desiderio dell’adulto riferiti a sé stesso. Così comincia a desiderare di compiacere, di soddisfare il desiderio dell’altro. Il bisogno viene così a essere sottomesso al desiderio del bambino di capire cosa egli rappresenti per chi se ne prende cura, quale posto egli occupi nei suoi desideri dell’altro.
Jacques Lacan (1901-1981) è lo psicoanalista che più di tutti ha esplicitato la questione del desiderio nell’essere umano. Per Lacan il nostro desiderio è sempre e solo desiderare il desiderio dell’altro. In pratica ogni essere umano desidera solo essere desiderato quindi il comportamento umano è orientato a fare in modo di essere desiderabile per l’altro, partendo però dalla propria idea di ciò che lo renderà desiderabile agli occhi dell’altro. Sulla base di questa concezione, il desiderio è la spinta vitale, il motore della vita, ciò che si pensa porti alla felicità. All’opposto di questo comportamento c’è l’assenza di scopo di vita, di forza attivante ovvero di assenza di desiderio che è l’aspetto tipico che si manifesta nelle forme di depressione.
La concezione di Lacan offre una spiegazione apparentemente semplice all’enigma di cosa sia lo scopo della vita ma, al tempo stesso, apre alla consapevolezza di essere fortemente e inevitabilmente dipendenti dall’altro per la realizzazione della nostra esistenza. Questa doppia valenza dell’altro, al tempo stesso principio di vita e di dipendenza è alla base del rapporto ambivalente di odio e amore che costituzionalmente realizziamo con gli altri.